Una Parola che non lascia come prima
Claudia e Melanie, missionarie a Stoccarda, accompagnano anche su invio della diocesi di Rottenburg-Stuttgart e in collaborazione con la pastorale universitaria in particolare gli studenti internazionali che arrivano dai più diversi paesi per studiare nelle università di questa città tedesca. Insieme a questi giovani hanno sperimentato, in modo nuovo dopo la fase del confinamento, l’importanza dello scambio delle esperienze personali, delle fatiche, delle domande che attraversano la vita quotidiana e la ricerca della fede.
Con la riapertura e la ripresa della “normalità”, dopo il periodo di chiusura per l’emergenza sanitaria, abbiamo avuto la possibilità di lanciarci in un’esperienza nuova, sul piano personale e delle nostre relazioni, nel tentativo “di uscire migliori da questo tempo di crisi,... cercando tutti insieme il bene comune”, come ci invitava a fare ultimamente Papa Francesco.
Abbiamo riscoperto con gioia il valore dell’incontro da persona a persona, dopo che per alcuni mesi era stato possibile spesso soltanto in modo virtuale. E quanta creatività si è sprigionata per rimanere vicini gli uni agli altri! Anche noi abbiamo cercato di mantenere viva una rete di relazioni, di scambio e comunione, per esempio intensificando la Preghiera dei continenti, organizzata dal Centro di Spiritualità collegandoci non solo una volta al mese, ma ogni settimana via skype.
Quando si è riaperta la possibilità di un incontro “reale”, è stata grande la gioia dei giovani di ritrovarsi e, per alcuni, anche di conoscersi direttamente dopo essersi visti soltanto in videochiamata per la preghiera. E anche se era la prima volta che ci si riuniva, c’era già un cammino di condivisione alle spalle.
Appena è stato dato il via libera, è ripresa la celebrazione delle Messe anche qui in Germania. Questo tempo di ‘isolamento’ ci ha fatto cogliere la dimensione relazionale-comunitaria della vita e riscoprire la bellezza di poter celebrare insieme la fede, spezzare il pane, condividere le gioie e le fatiche.
Ci stupisce come la Messa stia diventando un appuntamento importante della settimana anche per tanti giovani di origine straniera. Li incontriamo nelle celebrazioni in lingua inglese nella chiesa di St. Marien e cogliamo in loro il desiderio di rimanere ancora insieme per uno scambio semplice e spontaneo.
Nelle varie occasioni di dialogo ci rendiamo conto che la Parola di Dio non torna indietro senza aver operato ciò per cui è stata inviata (cfr. Isaia 55, 10). È una Parola che non lascia come prima, ci trasforma, diventa carne nell’Eucaristia, e ci fa diventare pane da spezzare con gli altri.
“L’anima mia magnifica il Signore ... Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente”(Lc 1,39-56)
“Magnificare letteralmente significa ‘fare grande’, mettere Dio come prima grandezza della vita, ... la gioia nasce dalla presenza di Dio che ci aiuta, che è vicino a noi. Perché Dio è grande e guarda e ama i piccoli: noi siamo la sua debolezza di amore. Se, come Maria, ricordiamo le grandi cose che il Signore compie, il cuore si dilata, la gioia aumenta” (Omelia di Papa Francesco, 15/08/2020). In uno dei momenti di scambio, uno dei ragazzi ci ha detto: “Dio ha un piano per ciascuno di noi, come per Maria e in alcune situazioni della mia vita ho scoperto, col tempo, le tracce di Dio, le cose non avvengono per caso, Lui conduce la nostra storia”. Mentre una ragazza, ringraziando per questo spazio di dialogo, si chiedeva: “Tante volte ascoltiamo la Parola di Dio ma poi durante la settimana ci sfugge, la dimentichiamo, come possiamo aiutarci a lasciare che la Sua Parola rimanga in noi?”.
“Ma voi, chi dite che io sia? ... Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 13-20)
“God is alive”, “Dio è vivo” continuava a ripetere un ragazzo iraniano mentre ci raccontava la sua storia. Dopo una Messa, infatti, abbiamo percepito il suo sguardo inquieto, desideroso di trattenersi per parlare ancora. Prendendo insieme un gelato, lui ha incominciato a spiegarci come avesse incontrato la fede cristiana e come la Parola di Dio avesse risvegliato in lui una grande pace, “Dio è la pace” ci ha detto. Ha iniziato a frequentare la chiesa e a pregare, anche se in quel momento tutto era nuovo per lui e conosceva poco del cristianesimo, ma si stava chiedendo chi fosse Gesù. Proviene da una famiglia musulmana. Un giorno ha avuto un sogno in cui Gesù, con la sua mano ferita sulla sua testa, gli diceva: “Figlio mio non avere paura, questo sangue ti guarirà”. Questo ha capovolto la sua vita, proprio in un momento in cui sperimentava la sua debolezza e fragilità, davanti a grosse difficoltà. Oggi continua un cammino di conoscenza della fede cristiana e ha scoperto che Gesù è “il Figlio del Dio vivo”, desidera approfondire la Sua Parola, cosa vuole dirgli e come viverla nel quotidiano.
“Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16,21-27)
Tra gli studenti che incontriamo ci sono giovani dell’Iraq, della Siria, del Pakistan, paesi dove i cristiani sono una minoranza. Ci colpisce, di fatto, che la fede sia radicata in questi giovani cristiani come una esperienza vitale, che tocca tutte le dimensioni dell’esistenza, e non soltanto come una pratica esteriore. Tempo fa uno studente diceva: “La vita con Dio e la vita senza Dio è un’altra cosa”. Alcuni di loro cercano di andare insieme a Messa o di incontrarsi per uno scambio sui temi della fede, anche se a motivo della lingua non è sempre facile trovare il gruppo appropriato. Nel dialogo abbiamo colto la loro gioia di trovarsi adesso in un paese ‘cristiano’ dove sono liberi di vivere ed esprimere la loro fede; nei loro paesi, devono attraversare non poche difficoltà per rimanere coerenti con ciò in cui credono.
“Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,15-20)
Quanti incontri avvengono nella semplicità e nella spontaneità! E quanta creatività si risveglia per non perdere di vista ciò che è essenziale: la condivisione. Nelle nostre diversità sperimentiamo con gli studenti internazionali la gioia di scoprire una lingua comune, che non è solo quella inglese, ma soprattutto quella del cuore che si dilata a tutti, che non ha frontiere: “ognuno può capire la lingua dell’amore”. Con gli occhi pieni di stupore vediamo crescere nuove amicizie. In più occasioni abbiamo sperimentato che “il più piccolo”, per esempio chi è appena arrivato, chi ha difficoltà per la lingua o chi proviene da una cultura molto diversa, ci ha aiutato ad andare oltre le nostre frontiere, a fare il primo passo incontro all’altro e ad aprirci ad una accoglienza reciproca. Quanti ‘ponti di comunione’ ci fanno convergere in Colui che ci unisce più in profondità: ”Io sono in mezzo a voi”, e ci fanno appartenere l’uno all’altro, attraverso i nostri piccoli passi condivisi nella semplicità.
Claudia
Links: Rivista Sulle strade dell'esodo (PDF)
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