Appunti di un viaggio
Marina, missionaria secolare scalabriniana, che condivide l’invio missionario in Vietnam con Bianca e Marianne, ci racconta il viaggio che ha potuto vivere, insieme a un missionario e a una suora scalabriniani, nell’Altopiano Centrale, alla scoperta di questo paese e del retroterra di tanti giovani migranti interni nella città di Ho Chi Minh.
P. Thong, missionario scalabriniano, di recente ci ha sorpreso con un invito last minute: condividere un viaggio verso l’Altopiano Centrale del Vietnam. Abbiamo aderito senza esitazioni perché da questa regione provengono tanti giovani che conosciamo e che, per motivi di studio e poi di lavoro, si sono stabiliti nella città di Ho Chi Minh.
Un viaggio con una equipe speciale: p. Thong, suor Raycee e io, tutti e tre scalabriniani, espressioni diverse della comune missione e spiritualità. Un viaggio senza un programma preciso se non l’incontro con giovani amici e le loro famiglie, la conoscenza dei loro luoghi di origine e delle loro comunità di appartenenza; l’esplorazione di nuove realtà e nuovi terreni in cui gettare i semi della visione profetica di Scalabrini riguardo le migrazioni. Infatti, nonostante in Vietnam le migrazioni interne e internazionali continuino ad intensificarsi, difficilmente vengono tematizzate.
Lasciando alle spalle il ritmo frenetico della città di Ho Chi Minh, il percorso si snoda tra villaggi, paesi e cittadine affacciati sull’arteria principale. Il paesaggio diventa gradualmente più ondulato, il colore della terra rosso, la vegetazione sempre più rigogliosa. E siamo già nella provincia di Đắc Nông, situata sull’altopiano M’Nong.
Lo spettacolo che si presenta sorprende gli occhi di chi è abituato ai paesaggi pianeggianti del sud: catene collinari e montuose, corsi d’acqua, cascate, laghi, foreste pluviali tropicali, clima gradevolmente fresco. Già questi scenari bastano per immaginare la fatica di chi proviene da qui nel ritrovarsi a vivere in una grande città.
Tra il verde delle piantagioni di caffè, pepe e caucciù, adagiata su una collina, spicca una chiesa dal colore rosa antico che suscita la nostra curiosità. Parlando con il parroco, che ci accoglie cordialmente, scopriamo che il 90% dei membri della parrocchia appartiene a minoranze etniche. La varietà del paesaggio trova corrispondenza anche nell’ambiente umano e sociale. Il sacerdote ci invita a ritornare. Ringraziamo per il dono di questo incontro inaspettato.
Non c’è tempo per sostare a lungo ad ammirare i paesaggi: siamo attesi dalla famiglia di Thể. All’arrivo ci viene offerto del tè mentre vengono ultimati i preparativi per la cena a base di specialità culinarie del luogo. L’ospitalità è una caratteristica spiccata dei vietnamiti! Thể, il secondo di tre figli, sta seguendo un percorso formativo che lo porterà ad intraprendere gli studi di teologia a Bogotà, in Colombia. È visibilmente felice, non solo della nostra presenza, ma soprattutto del cammino che sta percorrendo sulle orme di Scalabrini. Il mattino seguente, alle 5:00 nella sua parrocchia, durante la celebrazione eucaristica, ringraziamo, insieme a tutta la comunità riunita, per la fedeltà di Dio e preghiamo per la nuova tappa che lo attende.
Nel pomeriggio ci dirigiamo verso un’altra località dello stesso distretto. La strada da lastricata diventa in parte sterrata: ai lati tanti bambini appartenenti a minoranze etniche animano il paesaggio disseminato di semplici abitazioni in muratura o in legno con i tetti di paglia o di canne di bambù. Raggiungiamo la casa di Minh. La sua destinazione, dopo questi giorni di vacanza in famiglia, sarà Roma, dove continuerà gli studi.
La chiesa del quartiere è tutta in legno, nello stile tipico delle abitazioni del luogo. Minh ci spiega che è stata costruita nel periodo in cui la quotazione del pepe era alta: un particolare che mette in luce come l’andamento dei raccolti sia determinante per l’economia locale. Dopo la celebrazione ci intratteniamo con adolescenti e giovani in un clima di gioia e di festa misto a curiosità per i nostri accenti stranieri.
Il nostro viaggio continua attraverso strade sconnesse verso Đăk Săk. Arriviamo a sera inoltrata, i famigliari di Trung ci attendono e, vista l’ora, dopo una tazza di tè, ci conducono nelle camere che hanno preparato per noi. Alzandoci nella notte, scorgiamo le sagome di due ragazzini, che dormono sul pavimento sotto una cupola di rete antizanzare: i fratelli minori di Trung ci hanno ceduto il loro letto. La mattina, nella chiesa gremita di gente, presentiamo, come anche nelle altre località attraversate, la nostra missione e il nostro stile di sequela ‘migranti con i migranti’.
Ripartiamo, facendo sosta nella provincia di Đắk Lắk. Anche qui la presenza di gruppi etnici minoritari è significativa. In alcune parrocchie, così come nelle varie cappelle sparse nei dintorni e nascoste tra la vegetazione, la Messa viene celebrata anche nella lingua banhar.
La tabella di marcia prevede di raggiungere una località montana, a circa 140 km oltre Kon Tum, capoluogo dell’omonima provincia che confina con il Laos e la Cambogia. Sulla strada, che sempre più si restringe, si vedono bambini che giocano, altri che pascolano vitellini e buoi, giovani donne con i loro neonati nella fascia di stoffa colorata tipica delle minoranze etniche. Il paesaggio è un susseguirsi di colline e catene montuose di grande bellezza, di coltivazioni di riso, caffè e altre piante.
Riusciamo ad arrivare a destinazione poco prima delle 18:00 ed è già buio. Anh, esperto di queste zone impervie, prende in mano il volante e ci conduce alla cappella. Anche qui la stragrande maggioranza dei fedeli appartiene a gruppi etnici diversi e i chierichetti indossano i loro costumi tradizionali. È commovente vedere bambini, adolescenti, mamme con in braccio i figli più piccoli, uomini, anziani, tutti riuniti per la celebrazione. L’annuncio che possiamo fare al termine della Messa ha un calore speciale che esprime anche la nostra stima e simpatia per la loro ricchezza culturale, linguistica, religiosa che non sempre viene riconosciuta e valorizzata. Ci intratteniamo con loro e, nonostante i limiti nella comunicazione verbale, sperimentiamo di appartenerci proprio nelle nostre evidenti diversità.
Ceniamo con tutta la famiglia di Anh che venti anni fa è emigrata dalla provincia di Ninh Bình (Nord del Vietnam) a Đăk Sao. Quasi tutte le famiglie che abbiamo incontrato in questo viaggio hanno le loro origini in altre province del Vietnam. Un signore, all’uscita dalla Messa a Nâm N’Jang, ha detto: “Siamo tutti migranti”. Si riferiva non solo alla popolazione locale, ma anche a questo carattere esistenziale e universale dell’essere umano che tutti ci unisce.
Sulla via del ritorno, di buon mattino, incrociamo numerosi trattori: sui piccoli rimorchi sono accovacciati uomini o membri di intere famiglie che si stanno recando al lavoro nelle coltivazioni.
E quanti incontri ancora lungo la strada: a Pleiku, a Đăk Lăk...
In particolare la sosta a Đức Minh, apre una finestra sui preparativi del meeting di due giorni dei giovani dell’archidiocesi di Huế: coreografie, canti, installazione di tende e di tutte le infrastrutture necessarie. Siamo calorosamente invitati a prendervi parte. Si prevede la partecipazione di circa 5’000 giovani. E nella sosta a Đắk Song, mentre incontriamo un giovane interessato a conoscere la vita missionaria con i migranti, il cofano dell’auto si riempie di avocado, banane e patate dolci, preparati dalla mamma di Thể.
Ripartendo i nostri occhi sono pieni di volti e scenari nuovi.
Soprattutto il nostro cuore è colmo di gratitudine per l’accoglienza, la cordialità e la disponibilità senza limiti che abbiamo sperimentato da parte di tutte le persone incontrate, per le diversità ambientali, culturali, etniche, religiose che abbiamo potuto conoscere e per l’esperienza di comunione nella diversità come Famiglia Scalabriniana in Vietnam.