Provocati a riscoprire la solidarietà

03.11.2022
Polonia
Attualità, Migrazione

La Polonia, con quasi un milione e mezzo di rifugiati ucraini ufficialmente registrati (dato fornito da UNHCR a fine agosto), e forse altrettanti arrivati e rimasti per un tempo più o meno lungo senza chiedere ufficialmente protezione, è il paese che ha attualmente accolto più persone in fuga dall’Ucraina dal 24 febbraio 2022, giorno tristemente noto per l’attacco russo che ha accelerato un conflitto già presente dal 2014.

Nelle prime due settimane di agosto ci è stata data la possibilità di conoscere più da vicino questa realtà trascorrendo alcuni giorni a Varsavia, Cracovia e Lublino e incontrando rifugiati e persone direttamente coinvolte nell’ accoglienza.

La prima tappa: da Łomianki a Varsavia

La prima tappa del nostro ‘pellegrinaggio’ di conoscenza e condivisione è stata vicino a Varsavia, ospiti dei Missionari della Consolata, una piccola comunità internazionale molto accogliente, la cui casa si trova a Łomianki. Lì abbiamo incontrato i volontari della parrocchia di Santa Margherita presso la quale proprio due giorni prima dello scoppio della guerra è nata un’associazione caritativa che poi si è subito trasformata nel “Centro di aiuto per l’Ucraina”. Sessanta volontari della parrocchia e più di ottanta studenti si sono attivati a supporto dei rifugiati ucraini sia per l’accoglienza che con l’organizzazione di un piccolo ‘emporio’ dove era possibile prendere gratuitamente alimentari e materiale di drogheria. Nei primi mesi la richiesta era molta e l’emporio è stato aperto anche tutti i giorni della settimana, mattina e pomeriggio. Avvicinandosi l’estate, alcuni dei rifugiati hanno deciso di tentare il ritorno in patria e la necessità è diminuita. La parrocchia ha così deciso di aprire solo la mattina. Un episodio significativo che ci hanno raccontato è stato il coinvolgimento dei ragazzi delle scuole come giovani volontari dell’emporio; questi, impegnati ogni mattina a scuola, dopo che era stata presa la decisione della chiusura pomeridiana, hanno scritto di loro pugno una petizione per chiedere che non fosse loro preclusa la possibilità di aiutare. E così sono stati coinvolti nel riordino pomeridiano dei locali.

Sempre a Łomianki abbiamo incontrato Oksana, donna ucraina arrivata in Polonia già da qualche anno. Prima lavorava come assistente domestica per persone anziane, ma con l’inizio della guerra si è impegnata direttamente nel supporto di chi arrivava, organizzando in particolare, insieme ad un’associazione di cui fa parte, un asilo per bambini, per dare la possibilità alle mamme di avere qualche ora libera per l’apprendimento della lingua e per la ricerca di lavoro. Con il figlio e con alcune psicologhe hanno anche attivato un punto di aiuto per chi riferiva traumi di guerra. Oksana, donna forte e decisa, al termine di una mattinata di lavoro con i bambini, seduta nel giardino della casa dei padri camilliani che hanno messo a disposizione i locali, condivide con noi la sua storia e i suoi sentimenti, ci mostra le foto di un parente che ora combatte al fronte “in condizioni simili a quelle in cui erano i soldati nella seconda guerra mondiale”, racconta il dolore di chi ha perso i figli a causa del conflitto. Si commuove e ci dice che ogni giorno prima di iniziare le attività con i bambini si ferma nella Cappella della casa per prendere forza dal Signore. Il giorno dopo il nostro incontro ci chiama per chiedere di pregare per il figlio di una sua amica che veniva mandato al fronte…

A Varsavia abbiamo conosciuto padre Maciej, responsabile delle Pontificie Opere Missionarie, e p. Jacek, missionario verbita, responsabile di un centro di aiuto per migranti “Fu Shenfu”. Ci ha colpito in particolare l’incontro con Rika, ragazza di 19 anni con madre ucraina e padre giapponese, arrivata con la famiglia in Polonia - dove aveva già vissuto - dopo l’inizio della guerra, e che da marzo lavora in un ufficio di ‘Aiuto alla chiesa in Oriente’ presso la Segreteria della Conferenza Episcopale Polacca, che è stato ricettore di tante richieste di sostegno da parte di ucraini e di offerte da parte di polacchi. La sua presenza e la sua conoscenza di entrambe le lingue, polacco e ucraino, è stata ed è fondamentale per questo silenzioso e prezioso lavoro di collegamento e messa in rete.

Sempre a Varsavia abbiamo incontrato Marta, 23 anni, operatrice di Fundacja Ocalenie, fondazione che opera dal 2000 a sostegno dei migranti in Polonia. Con Marta abbiamo parlato non solo dell’arrivo dei migranti dall’Ucraina ma anche della situazione al confine con la Bielorussia, dove dal 2021 il passaggio di persone, provenienti soprattutto dall’est asiatico, è molto aumentato. Le condizioni di vita nei boschi e tra le paludi sono critiche, nei centri di ‘respingimento’ dei migranti si vive in condizioni disumane, e purtroppo poche sono state le voci di chi si è impegnato per i diritti di queste persone, anche loro, come chi proviene dall’Ucraina, in cerca di protezione internazionale e di un luogo sicuro dove vivere. Ascoltando Marta abbiamo intuito che, se da un lato con la crisi ucraina il popolo e il governo polacco hanno aperto porte e cuore per l’accoglienza, dall’altro non mancano contraddizioni e paradossi, di cui pagano le conseguenze i più deboli.

A Cracovia: l’esperienza del Salam Lab

La seconda tappa del nostro viaggio è stata a Cracovia, città segnata profondamente dalla presenza di due santi moderni: San Giovanni Paolo II e Santa Faustina Kowalska. A Cracovia abbiamo potuto conoscere le attività del Salam Lab, nato come un blog e trasformatosi, da un anno a questa parte, soprattutto con “l’emergenza Ucraina”, in una vera e propria associazione di aiuto. Ci descrive l’attività e l’evoluzione del loro impegno Karol, giovane giornalista fondatore dell’associazione. Nei mesi iniziali del conflitto gli operatori e i volontari si sono occupati della prima accoglienza dei profughi, nei locali di quello che prima era un teatro, e della loro successiva sistemazione o in appartamenti messi a disposizione da privati (molti polacchi hanno aperto le loro case e accolto rifugiati ucraini) o in altri alloggi di diversa origine; hanno avviato anche alcuni progetti di medio-lungo termine che possano favorire una stabilizzazione dei rifugiati, in particolare delle famiglie, e la loro integrazione nel territorio. Molto interessante è stato conoscere il lavoro con le famiglie rom provenienti dall’Ucraina, anche loro in fuga a causa della guerra, provate doppiamente dalla discriminazione, dai pregiudizi, dalla mancata accoglienza avuta sul loro cammino. Del loro accompagnamento si occupa nell’associazione Marina, anche lei rifugiata, russa, insegnante di storia e esperta in letteratura. Arrivata in Polonia da oltre un anno, prima del febbraio 2022 lavorava per la traduzione di testi dal russo al polacco. Con lo scoppio della guerra lei e altri tre colleghi sono stati licenziati, e lei ha trovato lavoro presso il Salam Lab. Marina ci consegna la sua sofferenza per il conflitto in corso e per quello che sta succedendo in Russia. Non si spiega come sia possibile essere arrivati a questo punto, e nel suo cuore non smette di sperare che prima o poi una parte del popolo russo si ribellerà. L’incontro con questa donna riservata, forte e dolce allo stesso tempo, con il suo tono pacato e gli occhi velati, lei russa che ora accompagna le famiglie rom ucraine (di cui ci confessa di non aver saputo né conosciuto niente fino a pochi mesi prima) è un segno di indicibile e tenace speranza.

Passaggio a Lublino: vicino alla frontiera con l’Ucraina

Da Cracovia siamo poi partite per Lublino, città ben conosciuta da Róża, che è cresciuta a pochi chilometri di distanza e proprio a Lublino, all’università Giovanni Paolo II, ha studiato germanistica. Abbiamo avuto la possibilità di incontrare padre Mietek, responsabile del Centrum Wolontariatu, insieme ai suoi collaboratori, che da circa venti anni si occupano di migranti e rifugiati, oltre che di persone senza dimora, poveri e carcerati. Tra i collaboratori abbiamo conosciuto Anastasia, giovane studentessa universitaria ucraina che con l’inizio della guerra si è trovata a coordinare le attività di aiuto, e Lidia, energica signora arrivata a marzo a Lublino, dove studia la figlia, che si è messa subito a disposizione per aiutare. Ora Lidia coordina un asilo con circa venti bimbi dai quattro ai nove anni, e ciascuno di loro la adora. “Mettermi ad aiutare mi ha salvato, altrimenti avrei avuto troppi pensieri. Sognavo di avere dei nipoti, ed ora posso dire di averne tanti”.

Nel piccolo appartamento adibito come asilo incontriamo anche Ania, psicologa ucraina di Leopoli sposata con un polacco e arrivata a Lublino da pochi mesi. Ora si trova ad aiutare bambini e donne che manifestano problematiche da stress post traumatico, legato alla violenza della guerra e alla fuga. Ci racconta di come, stando con i bambini, emergano i traumi vissuti nelle loro modalità di gioco e di interazione con gli altri, nelle loro paure, in tante sfumature che loro stessi non riescono a spiegare a voce ma manifestano con segnali che possono essere colti da chi ha occhi e cuore attento.

A Lublino incontriamo anche Paulina, responsabile dei volontari della Caritas Diocesana, che ci racconta la loro attività ordinaria con i poveri della città e cosa è successo dopo il 24 febbraio: l’arrivo massiccio di persone, l’organizzazione di camion pieni di beni alimentari e materiali di vario genere, la mobilitazione in massa della popolazione che in poco tempo ha messo a disposizione alloggi, alimenti, forza lavoro. Alla diocesi di Lublino fa riferimento anche Dorohusk, città al confine con l’Ucraina, dove la Caritas ha allestito un punto di primo aiuto e ristoro per le persone in arrivo. Il movimento al confine polacco-ucraino è continuamente visibile, in entrambe le direzioni: persone in fuga dall’Ucraina e persone che decidono di tornare a casa, là dove è possibile.

I giorni in Polonia ci hanno regalato tanti incontri, tanti momenti di conoscenza di diverse realtà e persone che si sono messe in gioco nell’accoglienza e accompagnamento dei rifugiati. Risuonano più attuali che mai le parole pronunciate da San Giovanni Paolo II durante la Messa di dedicazione del Santuario della Divina Misericordia, a Craco­via: Quanto bisogno della misericordia di Dio ha il mondo di og­gi! In tutti i continenti, dal profondo della sofferenza umana, sembra alzarsi l’invocazione della misericordia. Dove dominano l’odio e la sete di vendetta, dove la guerra porta il dolore e la morte degli innocenti occorre la grazia della misericordia a placare le menti e i cuori, e a far scaturire la pace. Dove viene meno il rispetto per la vita e la dignità dell’uomo, occorre l’amore misericordioso di Dio, alla cui luce si manifesta l’inesprimibile valore di ogni essere umano. Occorre la misericordia per far sì che ogni ingiustizia nel mondo trovi il suo termine nello splendore della verità.

Ci ha particolarmente colpito vedere la generosità del popolo polacco e il coinvolgimento degli stessi migranti, di donne forti come Oksana, Lidia, Anastasia, Anja, Marina, che, pur avendo sulle loro spalle carichi pesanti da portare, si sono messe a disposizione e a servizio di altri. Persone come loro sono testimoni tangibili dell’Amore misericordioso di Dio, un Dio vicino, tenero e compassionevole.

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